Gemona del Friuli, la forza della ricostruzione
Dopo aver visitato Fagagna arrivo a Gemona del Friuli, nota alla cronaca per essere tra i centri più colpiti dai terribili terremoti del 1976.
I terremoti di maggio e settembre 1976 ha segnato profondamente la storia di Gemona del Friuli e di Venzone, con i centri storici medioevali devastati e moltissime vittime.
Gemona oggi è esempio di resistenza e modello di una ricostruzione riuscita grazie alla partecipazione della popolazione e operato delle Istituzioni, conosciuto nel mondo come “Modello Friuli”, che ha permesso la ricostruzione dei 137 Comuni interessati dal terremoto.
Si accede al centro storico di Gemona del Friuli attraverso Porta Udine, dove si trova il Duomo di Santa Maria Assunta (XIV sec.) creato fondendo elementi di stile romanico e gotico.
Gravemente danneggiato dal sisma del 1976, dopo una lunga fase di recupero strutturale e di restauro è tornato agli antichi splendori.
La facciata è ricca di sculture e decorazioni che la adornano, come la Galleria dei Re Magi (1329), posta al centro sotto la cornice, costituita da 9 statue che rappresentano due scene dell’Epifania.
Colpisce anche la grandiosità della statua di San Cristoforo (1331), posta a destra alta 7 metri composta da 6 blocchi di pietra arenaria.
Presenta un interno a tre navate che custodisce numerose opere d’arte, tra queste una ancona lignea dorata (fine XIV sec.) con 33 episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento e un Crocifisso ligneo del ‘400 estratto dalle macerie mutilato, divenuto simbolo della sofferenza e della tragedia causata dal terremoto.
Sul piazzale del sagrato si erge la Torre campanaria (XIV sec.) in pietra e con culmine in cotto.
Alta circa 50 metri, completamente distrutta dal terremoto del 1976, la ricostruirono recuperando il materiale e ricollocandolo nella posizione originaria.
All’interno del Duomo alcuni ragazzi accompagnano in un luogo molto particolare rinvenuto solo nella fase di ricostruzione dopo il terremoto.
A pochi passi dal Duomo di Gemona, costeggiando la parete destra si raggiunge il Sacello di San Michele e San Giovanni Battista (XIV sec.) un complesso ipogeo nascosto per secoli tra le fondamenta della chiesa.
Una piccola porta situata lungo il muro della sagrestia conduce ad una scala che scende verso due stanze affrescate della prima metà del ‘300.
La prima sala è interamente decorata con tematiche inerenti alla funzione del Sacello, utilizzato come camera ardente di defunti in attesa delle esequie, la sala attigua invece presenta parti di due affreschi ed era adibita ad ossario tra i secoli XII e XIX.
Un’altra scala conduce a circa 8 metri sotto il sagrato del Duomo, uno spazio in cui furono accumulate alla rinfusa le ossa riesumate dal vecchio cimitero del Duomo.
All’inizio del 1800 le leggi napoleoniche imponevano la chiusura delle aree cimiteriali urbane e nel 1825 l’ossario riempito di terra e sigillato, fu dimenticato per decenni.
Scoprirono la cripta durante gli scavi per il consolidamento delle strutture e delle fondamenta del Duomo, dopo il terremoto del 1976.
Lo scavo dell’ossario si è rivelato particolarmente lungo, nei 180 metri quadrati di terra rimossi erano mescolate migliaia di ossa e teschi, frammenti ceramici di epoche diverse e piccole monete di vari metalli in uso dal XII secolo in poi.
I resti oggi sono adagiati in un “moderno sarcofago” verticale, quasi come un’opera d’arte contemporanea che illumina un ambiente totalmente buio.
Un’altra porta conduce al Lapidario, uno spazio dove sono accuratamente esposte pietre lavorate e opere scultoree salvate dalle distruzioni del terremoto e rinvenute tra le murature crollate.
Una piccola scala porta ad un vano superiore dove in una nicchia hanno rinvenuto un affresco con Cristo crocifisso tra la Vergine e l’Apostolo Giovanni.
Il Lapidario non è attualmente aperto al pubblico, ringrazio i ragazzi che mi hanno dato la possibilità di visitarlo.
Nella vecchia canonica trecentesca ha sede il Museo della Pieve e Tesoro del Duomo che raccoglie opere dal XIII al XX secolo, arredi sacri e paramenti liturgici.
Il Tesoro del Duomo comprende alcune realizzazioni orafe del XV secolo tra cui l’Ostensorio di Nicolò Lionello, codici miniati del XIII-XIV secolo e il più antico registro battesimale conosciuto che risale al 1379.
Tra le curiosità vi è il calice dorato donato da Sua Santità Giovanni Paolo II il 3 maggio 1992 quando visitò Gemona.
Nella Casa Gurisatti (XV sec.), edificio in stile gotico veneziano con particolare trifora e stemma nobiliare, ha sede la Cineteca del Friuli.
La Cineteca del Friuli nacque durante le proiezioni cinematografiche itineranti nelle tendopoli sorte a seguito dei terremoti che colpirono il Friuli nel maggio e settembre 1976.
Conserva circa 23.000 pellicole (tra film di finzione, documentari e cinegiornali), circa 30.000 titoli in VHS, DVD, BLU-RAY e oltre 25.000 titoli tra volumi e opuscoli.
Tra le opere più importanti conservate vi sono i primi corti dei Fratelli Lumiere e un raro documento di fine Ottocento nel quale sono riportate immagini di Papa Leone XIII.
Percorrendo Via Bini, la tipica strada medioevale sulla quale si affacciano edifici storici, si raggiunge l’edificio in cui si è allestita la “Mostra permanente sul terremoto“.
La mostra è un percorso emozionale che permette di scoprire Gemona attraverso fotografie, video ed oggetti che ripercorrono i tragici momenti legati al sisma.
Proseguendo lungo la strada si raggiunge l’elegante Palazzo Comunale (XVI sec.), in stile rinascimentale è caratterizzato da tre ampie arcate e soffitto della loggia con travi finemente decorate.
Al piano superiore si trova la sala consiliare, con soffitto a cassettoni ed una trifora ornata da balcone, in cui il consiglio si riuniva al suonare della campana del castello.
Nella loggia si trova la monumentale Porta della Memoria, delle tavole bronzee realizzate dall’artista locale Ercole Emidio Casolo, nel 2006 in occasione del 30° anniversario del terremoto. Le tavole raccontano la storia del terremoto nella successione dei fatti, dalla distruzione alla ricostruzione.
Proseguendo ci si imbatte nei resti della Chiesa della Beata Vergine delle Grazie, (XV sec.), sistemata a parco lapideo come simbolo del terremoto e della distruzione. La chiesa era conosciuta come “pinacoteca di Gemona” per le importanti opere pittoriche che vi erano al suo interno, ora conservate presso il Museo Civico.
Andando nella parte inferiore della cittadina, si raggiunge il Santuario di Sant’Antonio, tra gli edifici religiosi più importanti della città e il più antico luogo di culto al mondo dedicato al Santo.
Nel 1227, durante il suo soggiorno a Gemona, Sant’Antonio aveva fatto edificare una cappella in onore della Vergine Annunziata. I ruderi della chiesetta duecentesca sono presenti all’interno dell’attuale Santuario, ricostruito dopo il terremoto secondo linee architettoniche moderne.
Il presbiterio della Cappella del Rosario (1682), dichiarata Monumento Nazionale, è l’unica parte recuperata e restaurata.
Molto suggestiva è la Cella di Sant’Antonio che lo ospitò durante la sua permanenza a Gemona, è presente un dipinto che raffigura la scena del “miracolo del giovane risuscitato”, che la tradizione vuole sia successo proprio a Gemona.
A dominare la città dalla cima di un colle a circa 300 metri slm, si trova il Castello (X-XI sec.), raggiungibile percorrendo la “Salita dei Longobardi”, una galleria fotografica con immagini storiche della città.
Fino al 1976 rimanevano visibili la torre campanaria (o dell’orologio) e i resti della torre sud-occidentale.
E’ possibile visitare i giardini dove è possibile godere di una vista mozzafiato tra i tetti della città e l’area circostante.
Si ringrazia l’Ufficio IAT di Gemona per la cortesia, la disponibilità e l’autorizzazione all’uso del materiale fotografico.